Bram Stoker e la sua lettera d’amore a Walt Whitman

Bram Stoker Walt Whitman

E’ capitato a tutti noi, in un’impeto di estasi, di scrivere un messaggio appassionato a un artista che con la sua musica, la sua recitazione o la sua arte ci abbia fatto provare un sentimento intenso, una felicità estrema. Un amore puro. Ognuno di noi, infatti, ha dentro di sé un fan scatenato pronto a confessarsi al suo idolo con sbrodolate d’amore. C’è chi quei messaggi è in grado di inviarli senza alcuna riserva, salvo magari pentirsene imbarazzato il giorno dopo, o chi quei messaggi li compone soltanto, senza mai riuscire a inviarli.

Questo è un po’ quello che è successo a Bram Stoker quando a 25 anni si è ritrovato completamente sconvolto e rapito dalla poesia di un poeta americano ben più in là negli anni di lui, lo straordinario Walt Whitman. Una sera, dopo averlo difeso con ardore davanti a dei conoscenti che ne criticavano la poesia, Stoker scrive una lettera appassionata a Whitman, rovesciando sulla carta tutti i suoi sentimenti di adorazione, senza alcun filtro. La lunga introduzione che immagina che il suo idolo possa trovare la sua lettera un fastidio e decidere di usarla per accendersi la pipa, ci fa sorridere. Stoker finge indifferenza, ma allo stesso tempo sfida il suo destinatario a continuare a leggere e poi semplicemente lascia che le sue emozioni raggiungano Whitman attraverso l’oceano senza alcun imbarazzo, sicuro di essere compreso e accolto.

Eppure forse proprio dell’imbarazzo frena la mano di Stoker. Tanto che la lettera rimane chiusa in un cassetto per quattro anni senza essere spedita. E’ straordinario che non la butti e la conservi per tutto quel tempo. E’ solo nel 1876 che finalmente trova lo slancio e il coraggio di inviarla, così, senza alcuna modifica o censura. La spedisce (coincidenza?) proprio il giorno di San Valentino.

Se sei l’uomo che credo, ti farà piacere ricevere questa lettera. Se non lo sei non mi interessa se ti farà piacere o no e ti chiedo solo di buttarla nel fuoco senza leggere oltre. Ma credo che ti piacerà. Non credo che ci sia un uomo in vita, nemmeno tu che sei al di sopra dei pregiudizi di classe degli uomini meschini, a cui non piacerebbe ricevere una lettera da un uomo più giovane, uno sconosciuto, dall’altra parte del mondo – un uomo che vive in un’atmosfera prevenuta contro le verità che tu canti e il tuo modo di cantarle. Il dubbio che mi viene in mente è se esista veramente un uomo che avrebbe il coraggio di bruciare una lettera verso cui ha provato un minimo atomo di interesse senza leggerla. Ma credo che tu potresti farlo e penso che lo creda tu stesso. Puoi bruciarla ora e metterti alla prova, e tutto ciò che chiederò in cambio allo sforzo di scrivere questa lettera, che per quanto ne so potresti usare per accenderti la pipa o usarla per uno scopo più ignobile — è che in qualche modo tu mi faccia sapere che le mie parole hanno messo alla prova la tua impazienza. Buttala nel fuoco, se vuoi, ma se lo farai ti mancherà il piacere di leggere la prossima frase che indicherà che hai vinto un impulso non degno. Un uomo sicuro delle proprie forze potrebbe complimentarsi con se stesso per questo, ma un uomo che sa scrivere, come hai scritto tu, le parole più schiette che siano mai cadute dalle labbra di un uomo mortale, un uomo al cui il candore Le Confessioni di Rousseau è poca cosa: non può temere che la propria forza venga sminuita.

Se sei arrivato fino a questo punto, puoi leggere la lettera, così che io mi senta come se per iscritto stessi parlando con te. Se fossi davanti al tuo viso vorrei stringerti la mano, perché sento che mi piaci. Vorrei chiamarti compagno e parlarti nel modo in cui gli uomini che non sono poeti non parlano spesso. Penso che in un primo momento un uomo potrebbe vergognarsi, perché un uomo non può in un attimo rompere l’abitudine di relativa reticenza che è diventata per lui una seconda natura; ma so che non mi vergognerei a lungo di essere come sono davanti a te.

Tu sei un vero uomo, e vorrei esserlo anch’io, e quindi vorrei essere verso di te come un fratello e come un allievo con il suo maestro. In quest’epoca nessun uomo diventa degno di questo nome senza uno sforzo. Ti sei scrollato di dosso le catene e le tue ali sono libere.

Io ho ancora le catene sulle spalle, ma non ho ali. Se hai intenzione di continuare a leggere questa lettera, devo dirti che non sono disposto a “rinunciare proprio a tutto il resto” per così dire. L’unica cosa a cui sono disposto a rinunciare è il pregiudizio, e già prima di conoscerti avevo cominciato a gettare in mare il mio carico, ma non ho ancora finito di farlo. Non so come prenderai questa lettera. Non mi sono rivolto a te senza alcuna formalità perché ho sentito che non ti piacciono le formule convenzionali nelle lettere. Ti scrivo perché sei diverso dagli altri uomini. Se tu fossi uguale alla massa non scriverei affatto. E quindi devo chiamarti Walt Whitman o non chiamarti affatto – e ho scelto quest’ultima opzione. Non so se sia insolito per te ricevere lettere da sconosciuti che non hanno nemmeno la pretesa di esserti fratelli letterari. Se invece lo è sarai terribilmente tormentato da lettere e mi dispiacerà di aver scritto. Ho però la pretesa di piacerti, perché le tue parole sono la tua stessa anima e anche se non leggerai la mia lettera, non è meno un piacere per me scriverla.

Shelley scrisse a William Godwin e divennero amici. Io non sono Shelley e tu non sei Godwin e quindi spero solo che una volta potrò incontrarti faccia a faccia e forse stringerti la mano. Se mai lo farò sarà uno dei più grandi piaceri della mia vita… Il modo in cui ti ho incontrato è stato questo. Un articolo sulle tue poesie è apparso circa due anni fa o più sulla rivista Temple Bar. L’ho guardato e ho creduto alle sue parole, e ho riso di te tra amici. Lo dico con mia vergogna, ma non con rimpianto perché mi ha insegnato una lezione di vita, perché giudicavo senza aver mai visto le tue poesie. Più di un anno dopo ho sentito due uomini al college parlare di te. Uno di loro aveva il tuo libro (edizione Rossetti) e leggeva ad alta voce alcuni passaggi di cui entrambi ridevano. Hanno scelto solo quei passaggi che possono essere strani alle orecchie britanniche e li hanno presi in giro. Qualcosa mi colpì facendomi credere di averti giudicato frettolosamente. Ho portato a casa il volume e ho letto fino a notte fonda. Da allora devo ringraziarti per molte ore felici, perché ho letto le tue poesie con la porta chiusa a chiave a tarda notte e le ho lette in riva al mare dove potevo guardarmi tutt’intorno senza trovare nessun segno di vita umana oltre alle navi in ​​mare aperto: e così mi trovavo spesso a svegliarmi da una fantasticheria con il libro aperto davanti a me. Amo tutta la poesia, e pensieri alti e generosi mi fanno salire le lacrime agli occhi, ma a volte una tua parola o una tua frase mi allontana dal mondo che mi circonda e mi pone in una terra ideale circondata dalla realtà più di qualsiasi poesia che abbia mai letto.

L’anno scorso ero seduto sulla spiaggia in un giorno d’estate a leggere la tua prefazione a Foglie d’erba stampata nell’edizione di Rossetti (poiché Rossetti è tutto quello che ho finché non avrò la serie completa delle tue opere che ho ordinato dall’America). Un pensiero mi ha colpito e ci ho riflettuto per diverse ore: “le navi sfatte dalle intemperie che entrano in nuovi porti”, tu che hai scritto quelle parole le conosci meglio di me: e a te che canti della tua terra di progresso, le parole hanno un senso che posso solo immaginare. Ma stai certo di questo Walt Whitman – che un uomo di meno della metà della tua età, cresciuto da conservatore in un paese conservatore, e che ha sempre sentito denigrare il tuo nome dalla grande massa di persone che lo menzionano, ha sentito il suo cuore saltare verso di te attraverso l’Atlantico e la sua anima gonfiarsi a quelle parole o meglio a quei pensieri.

È vano per me citare alcuni esempi dei tuoi pensieri che più mi piacciono, perché mi piacciono tutti e sappi che stai leggendo le parole vere di chi si sente con te. Vedi, ti ho chiamato per nome. Sono stato più schietto con te, ti ho detto di più su di me di quanto non abbia detto a chiunque altro prima d’ora. Non ti arrabbierai con me se hai letto fino a qui. Non riderai di me per averti scritto questo. Non è stata una piccola fatica iniziare a scriverti e mi sento riluttante a smettere, ma non voglio più stancarti. Se mai ti interessasse ricevere altro, puoi immaginare, poiché hai un grande cuore, quanto piacere sarebbe per me scriverti ancora. Com’è dolce per un uomo forte e sano con l’occhio di una donna e i desideri di un bambino sentire di poter parlare con un uomo che può esserlo se lo desidera padre, fratello e moglie alla sua anima. Non credo che riderai, Walt Whitman, né mi disprezzerai, ma in ogni caso ti ringrazio per tutto l’amore e la simpatia che hai regalato a me e a quelli come me.

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Walt Whitman
Walt Whitman e la sua amicizia con Bram Stoker

Mette questa prima lettera nella busta e poi aggiunge una nuova pagina, scritta di fresco:

I quattro anni trascorsi mi hanno fatto amare quattro volte di più il tuo lavoro e posso davvero dire di aver sempre parlato come fossi tuo amico. Sai quali critiche ostili evoca a volte il tuo lavoro qui, e io porto avanti una guerra perpetua contro molti amici per tuo conto. Ma sono lieto di dire che sono stato il mezzo che ha fatto conoscere il tuo lavoro a molti che all’inizio erano critici.

Gli anni che sono trascorsi non sono stati privi ci incidenti per me, e ho sentito, pensato e sofferto molto in essi, e posso davvero dire che ho ricevuto da te molta gioia e molta consolazione – e credo che il tuo discorso aperto e serio non sia andato sprecato con me e che la mia vita e il mio pensiero siano stati segnati dalla sua impronta.

Lo scrivo apertamente perché sento che con te uno deve essere aperto. Abbiamo avuto stasera un acceso dibattito sul tuo genio al Club in cui ho avuto il privilegio di esporre le mie opinioni – credo con successo. Non credermi sfacciato per aver scritto questo. Spero solo che ci potremo incontrare e forse sarò in grado di dire ciò che non posso scrivere.

La risposta di Walt Whitman non si fa attendere

La sincerità e la tenera innocenza delle parole di Stoker colpiscono. E devono avere colpito anche Walt Whitman, perché il poeta gli risponde a stretto giro di posta. La sua gentile e affettuosa risposta arriva appena tre settimane più tardi.

BRAM STOKER, — Mio caro giovanotto, — le tue lettere mi sono state molto gradite — ben accolte sia da me come Persona che come Autore — non so quale di più. Hai fatto così bene a scrivermi in modo così anticonvenzionale, così fresco, così virile, ma anche affettuosamente. Anch’io spero (anche se non è probabile) che un giorno ci incontreremo personalmente. Nel frattempo, ti invio la mia amicizia e il mio ringraziamento. La lettera di Edward Dowden contenente, tra l’altro, il tuo abbonamento per una copia della mia nuova edizione è appena stato registrata. Spedirò il libro molto presto per espresso in un pacco al tuo indirizzo. Ho appena scritto a E.D.
Il mio fisico è completamente distrutto – senza dubbio in modo permanente – da paralisi e altri disturbi. Ma io sono attivo e vestito, ed esco un po’ ogni giorno, vivo qui abbastanza solitario, ma vivace e di buon umore. — Scrivimi di nuovo.

Non è difficile immaginare quanto grande debba essere stata la gioia di Stoker nel ricevere una risposta così affezionata da parte del suo idolo. Ed è questo l’inizio di una sincera e profonda amicizia tra i due scrittori, che solo molti anni più tardi riusciranno ad incontrarsi di persona. L’incontro tanto atteso avviene a Filadelfia, mentre Stoker è in tour con Henry Irving e i due possono incontrarsi come veri amici, come due uomini liberi di condividere le profondità dei loro cuori.

Così Stoker ricorda l’incontro: “Ho trovato in lui tutto ciò che avevo sempre sognato o desiderato: una mente aperta, ampie vedute, tollerante fino all’ultimo; simpatia incarnata; comprensione e un’intuizione che sembrava più che umana. Prima di separarci, mi ha chiesto di andare a trovarlo a casa sua a Camden ogni volta che avessi potuto. E io ho promesso che lo farò.” Anche Whitman rimane soddisfatto dell’incontro, definendo Stoker “un ragazzo sveglio”. “È come una boccata di aria di mare buona, sana e ventilata”.

I due rimasero in contatto a lungo e Stoker fece visita a Whitman ogni volta che si trovò in tour in America. E’ facile immaginare come numerosi studiosi abbiano cercato di scovare tra le righe di Stoker indicazioni sulla sua vita privata. Sappiamo con sicurezza che Whitman fosse per lo meno bisessuale, e che scrisse di amori omosessuali nelle sue poesie. Nulla di certo invece sappiamo sull’orientamento di Stoker, anche se alcuni passaggi del suo Dracula sono stati spesso usati per suggerire l’omosessualità dell’autore. Cosa intendeva Stoker con l’espressione “quelli come me“? Non lo sapremo mai con sicurezza e in fondo neanche ci importa. Ci resta la bellezza e la sincerità di uno scambio profondo tra due persone che, pur con un oceano a separarle, si sono sentite unite nell’anima.

(Le lettere sono state pubblicate nella biografia Something in the Blood di David J. Skal)

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